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Mastocitoma nel Cane

Mastocitoma nel cane: la guida definitiva

Il mastocitoma cutaneo rappresenta un tumore molto frequente nel cane (7-25% dei tumori cutanei) e comune nel gatto (2-15%) Vediamo di cosa si tratta.

Indice dell'articolo

Mastocitoma nel cane

Il mastocitoma cutaneo è una forma tumorale che origina dai mastociti e il cui comportamento biologico è molto variabile, spaziando da nodulo solitario tendenzialmente benigno alla malattia metastatica.

Causa

Non si conosce ancora esattamente il meccanismo eziopatogenetico, anche se si ipotizza una predisposizione ereditaria, soprattutto per Boxer e Boston Terrier.

Attualmente la teoria più accreditata è che ci sia all’origine una mutazione genica: in effetti, nel 30-50% dei mastocitomi canini di grado II e III è stata documentata un’alterazione di c-kit .

Questo è un protoncogene che codifica per la proteina KIT o CD117, un recettore tirosinchinasico che, attraverso fenomeni di fosforilazione, produce segnali fondamentali per la cellula.

Il ligando per kit è il cosiddetto fattore di crescita per mastociti.

In condizioni normali il segnale dato da c-kit è essenziale per differenziazione, proliferazione, sopravvivenza e funzionalità dei mastociti.

Una mutazione a carico di c-kit porta dunque ad un’alterazione di kit, che viene sottoposto ad autofosforilazione in assenza di ligando, determinando quindi una proliferazione incontrollata di mastociti

Razze predisposte a mastocitomi

Le razze a pelo raso:

  • Boxer
  • Carlini
  • Boston e Bull Terrier
  • Rhodesian Ridgeback
  • Bulldog inglesi
  • Beagle
  • Schnauzer e Shar-pei (questi ultimi anche in GIOVANE ETÀ!)
  • Labrador e Golden Retriever, in genere soggetti di 8-10 anni, soprattutto femmine sterilizzate.

Come si manifestano

Il quadro clinico è variabile.

Spesso in anamnesi il proprietario riferisce di un nodulo che ha un comportamento anomalo:

  • tende a crescere per poi ritornare alle dimensioni originali
  • in seguito a traumi o a sua palpazione si forma un’area edematosa ed eritematosa (segno di Darier).

Queste caratteristiche possono essere indice di rilascio di sostanze vasoattive a seguito di degranulazione dei mastociti.

Generalmente, si presentano come masse:

  • dure
  • peduncolate
  • bottoniformi 
  • nodulari
  • eritematose
  • alopeciche 
  • ulcerate

in corrispondenza del derma o del sottocute.

A volte non ci sono veri e propri noduli, ma rigonfiamenti similurticariodi oppure aree dall’aspetto edematoso.

In linea generale, il mastocitoma ben differenziato si presenta come nodulo singolo che cresce lentamente mentre l’indifferenziato è spesso multicentrico, ulcerato, voluminoso, a crescita rapida e circondato da tessuti edematosi.

Possono coesistere anche noduli multipli

In questo caso la diagnosi differenziale sarà per tumori primitivi con comportamento benigno e crescita non necessariamente simultanea / metastasi (-> skip metastases).

Per differenziare i 2 quadri, alcuni autori consigliano di misurare la distanza tra i noduli:

Se è superiore ai 10 cm è probabilmente indice di due tumori non correlati.

In questo caso il tasso metastatico è basso, per lo più confinato al linfonodo satellite.
Le razze predisposte sono Boxer e Carlini.

Diverso il quadro per gli Shar-Pei in cui mastocitomi multipli sono indice di una malattia in stadio avanzato e sono molto aggressivi

 

Sintomi sistemici di mastocitomi

Talvolta, alla lesione cutanea si accompagnano segni clinici sistemici:

  • vomito
  • anoressia
  • prurito
  • melena 
  • segni correlati a coagulopatia,

tutti indice di azione combinata di rilascio di sostanze vasoattive da parte dei mastociti.

Spesso (35-83 %) sono presenti ulcerazioni gastroenteriche, frutto di azione associata di danno vascolare, acidità gastrica e ipermotilità.

Dove si localizzano i Mastocitomi?

I Mastocitomi possono localizzarsi su tutto il corpo, soprattutto tronco ed estremità degli arti.

Il comportamento biologico è spesso imprevedibile e sembra dipendere dalla sede d’insorgenza:

  • scroto
  • perineo
  • prepuzio
  • area auricolare
  • digitale
  • muso 
  • giunzioni mucocutanee

sono sede di neoplasie dal comportamento più aggressivo, con tendenza a metastatizzare ad altre zone cutanee, linfonodi regionali, milza, fegato, linfonodi mesenterici e midollo osseo.

Il potenziale metastatico aumenta all’aumentare del grado di indifferenziazione della neoplasia.

Diagnosi di Mastocitoma nel cane

La diagnosi è spesso citologica, anche se in mastocitomi agranulari o molto anaplastici non si può prescindere dall’esame istologico o, addirittura, immunoistochimico per una diagnosi conclusiva.

La stadiazione del paziente include SEMPRE la diagnostica per immagini

  • Esame radiografico del torace: individua macronoduli polmonari
  • Esame ecografico addominale: si deve focalizzare in particolare su milza, fegato e tutti i linfonodi .
    Pattern comuni  possono essere: organomegalia ed alterata ecogenicità con eventuali noduli ipoecogeni.

Secondo alcuni autori, è opportuno effettuare agoaspirati multipli di fegato e milza, anche in assenza di lesioni visibili, soprattutto con mastocitomi di III grado.

  • TC (Tomografia Computerizzata) o RM(Risonananza Magnetica): fondamentali per la valutazione prechirurgica delle lesioni e per la scelta dell’approccio terapeutico più adeguato.
  • Esame istopatologico della lesione: per definire il grado del mastocitoma che segue lo schema di Patnaik.

Esame immunoistochimico: pannello specifico di anticorpi che consente di valutare l’utilità di impiego di alcuni farmaci specifici diretti contro c-kit (inibitori selettivi di tirosin chinasi – toceranibe masitinib)

Stadiazione

Grado I = mastocitoma ben differenziato – comportamento poco aggressivo (30-50% dei mastocitomi), escissione chirurgica curativa nella maggior parte dei casi;

Grado II = mediamente differenziato – proliferazione neoplastica tende ad infiltrare il derma profondo e sottocute, comportamento biologico incerto con metastatizzazione linfonodale e sistemica nel 40 % dei casi e presenza di margini chirurgici infiltrati.

Grado III = indifferenziato – molto aggressivi, metastasi precoci e tasso di sopravvivenza medio di 3-4 mesi.

Limite di questo schema di classificazione risiede nella soggettività interpretativa.

Recentemente è stato proposto un nuovo schema di Kiupel e coll. che hanno classificato i mastocitomi in basso ed alto grado, valutando le caratteristiche morfologiche della popolazione neoplastica, ignorando la profondità dell’invasione neoplastica, al fine di eliminare incertezze ed ambiguità interpretative.

Tendenzialmente, la probabilità di metastasi aumenta con il grado istologico del tumore.

Secondo la classificazione di WHO esistono 5 stadi in cui classificare il paziente:

  • Stadio 0: lesione solitaria dermica escissa senza radicalità, senza coinvolgimento linfonodale
  • Stadio I: lesione solitaria dermica senza coinvolgimento linfonodale ometastasi a distanza
  • Stadio II: lesione solitaria dermica con coinvolgimento linfonodale
  • Stadio III: lesioni multiple dermiche o tumore voluminoso infiltrante, con o senza coinvolgimento linfonodale ma nessuna evidenza di metastasi a distanza;
  • Stadio IV: ogni lesione con metastasi a distanza (incluso coinvolgimento ematico o midollare).

Sottostadi a e b per indicare pazienti senza o con segni clinici evidenti.

Come si curano i mastocitomi

Come d’altronde per la maggior parte delle neoplasie cutanee, anche per il mastocitoma le scelte terapeutiche vertono su:

  • approccio chirurgico con escissione ad ampi margini
  • radio e chemioterapia.

La possibilità di ricorrere ad uno o più strumenti associati dipende dalla localizzazione della neoplasia, dalla contemporanea esistenza di più masse, dal grado citologico e dalla presenza di metastasi (mastocitosi viscerale) al momento della diagnosi, che ovviamente influenzano la necessità di intraprendere un iter terapeutico più o meno aggressivo.

Chirurgia del mastocitoma nel cane

Scelta d’elezione nel trattamento del mastocitoma canino, rappresenta una valida opzione curativa per mastocitomi di I e II grado, escissi con margini ampi (secondo le direttive della chirurgia oncologica) non infiltrati e che non presentano metastasi al momento della diagnosi.

Prima della chirurgia, può essere opportuno somministrare al paziente inibitori dei recettori H1 e H2, per limitare gli effetti avversi correlati ad un’eventuale degranulazione dei mastociti neoplastici durante le manipolazioni chirurgiche del nodulo.

La decisione di effettuare un’escissione con margini ampi è basilare

È necessario stabilire un’area di 2-3 cm intorno alla lesione cutanea ed un piano fasciale in profondità ma non sempre è fattibile per il chirurgo oncologo applicare questo principio a causa di una localizzazione anatomica problematica  come nel tarso, garretto o gomito.

In queste circostanze particolari è comunque indicato l’approccio più aggressivo possibile in termini di ampiezza di margini di escissione, ricorrendo anche ad eventuali plastiche cutanee o, in rari casi, di fronte ad una lesione dall’aspetto citologico particolarmente indifferenziato localizzata ad un’estremità distale di un arto, all’amputazione.

Quest’ultimo è ,tuttavia un intervento non sempre ben visto dai proprietari a causa della sua invasività.
Perciò la radioterapia può essere considerata un’alternativa ad una chirurgia sicuramente più distruttiva in un pannello selezionato di casi specifici.

Tuttavia, se i margini di escissione risultassero non indenni dalla presenza di cellule neoplastiche, i trattamenti adiuvanti l’intervento chirurgico assumeranno un’importanza ancor maggiore (radioterapia per sterilizzare margini infiltrati o chemioterapia).

Complicanze post intervento

Le complicanze post-operatorie, più comuni in caso di forme indifferenziate, comprendono:

  • eventuale shock ipotensivo da degranulazione dei mastociti
  • aritmie
  • disordini coagulativi secondari al rilascio di eparina 
  • ritardo di guarigione o deiscenza delle ferite per rilascio di enzimi proteolitici ed amine.

Radioterapia

Indicata in caso di mastocitomi di grado I e II incompletamente escissi, per sterilizzare il focolaio neoplastico residuo e per contrastare le metastasi al linfonodo regionale.

I protocolli, applicati da centri veterinari specializzati in questo tipo di trattamenti, possono essere distinti in curativi e palliativi: la differenza sostanziale risiede nella dose totale, dose per frazione e quindi nel numero di frazioni.

Effetti collaterali transitori sono:

  • alopecia
  • mucosite
  • dermatite secca/umida
  • dolore ed eritema.

Di fronte a questi segni di tossicità acuta, possiamo ricorrere ad antibiotici/antidolorifici per contrastare un quadro clinico in genere autolimitante e che persiste per pochi giorni.

Chemioterapia

Può essere applicata in caso di mastocitoma perché si tratta di una neoplasia chemioresponsiva.

Le principali indicazioni sono:

  • localizzazione anatomica maligna (area inguinale/perianale, dita, cavo orale, prepuzio, scroto, ghiandola mammaria)
  • grado istologico III
  • grado II con fattori prognostici negativi
  • neoplasia inoperabile 
  • malattia metastatica a distanza

Chemioterapici efficaci sono vinblastina e lomustina.

Ecco alcune opzioni terapeutiche alternative:

Inibitori tirosin-chinasici – le chinasi sono recettori che giocano un ruolo basilare nel regolare crescita, differenziazione e morte cellulare.
Una loro alterazione comporta un segnale errato che si traduce in crescita cellulare incontrollata.

La prima mutazione ad essere riconosciuta è una duplicazione interna a tandem, che interessa il dominio transmembranario di KIT, che determina attivazione costitutiva del recettore in assenza di ligando.
Sono quindi stati formulati farmaci specifici che vanno a down-regolare l’espressione di questi enzimi: imatinib, masitinib (Masivet®:nuovo inibitore tirosinchinasico creato per la medicina veterinaria che migliora il tempo di progressione della malattia, soprattutto se utilizzato come farmaco di prima linea, in cani con mastocitomi di grado II o III) e toceranib (Palladia®).

Tuttavia, le cellule neoplastiche tendono a diventare resistenti nel tempo anche a inibitori tirosin-chinasici, in seguito a mutazioni che riguardano il sito di legame con il farmaco.

Proteine Heat Schock 90 (HSP 90)  – formano un complesso insieme ad altre proteine, che ha la funzione di correggere conformazione, ripiegamento, attività, localizzazione e turnover di tutta una serie di proteine (definite clienti), coinvolte nella trasduzione del segnale.
Queste ultime sono tipicamente mutate o sovraespresse in cellule tumorali e quindi necessitano di attività di HSP90 per promuovere il loro corretto ripiegamento.

Il capostipite di questi inibitori è la geldanamicina, purificata da Streptomyces hygroscopicus.

Prognosi

Dipende fortemente da grado istologico, stadio clinico, sede anatomica e caratteristiche cliniche.

Anche la razza costituisce un fattore discriminante in quanto i cani di razza Sharpei, Labrador e Golden Retriever tendono, come detto in precedenza, a sviluppare mastocitomi biologicamente molto aggressivi e in età più giovanile

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